Grillo e la comicità iperreale.

 

Dopo le recenti elezioni politiche 2008 ho sentito un amico che diceva “I grillini hanno preso alcuni voti, chissà se si candidava lui stesso come sarebbe andata!”.

Mi ricordo Beppe Grillo quando partecipava ad un programma di Pippo Baudo nei primi ’80, e si incazzava esattamente come fa adesso. Posso capire i ventenni di oggi che lo vedono come un saggio guru ma i miei coetanei come possono cadere in questo tranello : Grillo un politico!

Come si fa a reputare politica quella incazzatura trentennale coll’indice a cerchio contro il pollice e gli occhi sgranati.[1]

Immaginate che domani l’Italia si svegli con una situazione economico-sociale radiosa, la migliore del mondo, il governo in carica ed i politici sarebbero ricoperti di fiori e fatti subito santi, mentre il comico Grillo diventerebbe l’unico disoccupato. La sua infatti è una comicità da sciacalli, di chi cioè fa la propria fortuna sfruttando e cavalcando l’indignazione popolare, che si nutre del malessere inevitabile di qualsiasi società, per dare l’illusione che le soluzioni esistono, sono sotto gli occhi di tutti, anche se ce le tengono nascoste, ma qualcuno, immensamente cattivo, non le vuole realizzare per guadagnarci. Lui, il santo Grillo ci porta per mano e ci fa vedere le risposte, l’auto ad idrogeno, il termo-valorizzatore ad emissioni zero, i privilegi della casta; voi pagate il biglietto per avere la vostra dose di indignazione collettiva e poi tutti a casa, lui con molti soldi in più.

La sua è una trovata furbissima, che io chiamo comicità iperreale, in quanto quella surreale praticata p.es. da Jacques Tatì negli anni ’60 (Monsieur Hulot) era basata sullo straniamento condiviso causato dall’invasione delle tecnologie domestiche, per lo più elettroniche, mentre quella di Grillo consiste nell’invenzione di un personaggio “il comico politico” che pretende di cambiare il mondo reale, e che quindi ha successo finché il pubblico lo crede possibile.

Per questi motivi Grillo non entrerà mai in politica, ci rimetterebbe troppo prima di tutto, ma non saprebbe fare nulla di nulla, perché la politica non è dire “questo va bene e questo no” ma assumersi la responsabilità di mediare tra interessi inevitabilmente divergenti, prendere la parte di contro le altre parti e non ci sono parti buone e parti cattive, perché ogni parte cela in se un potenziale positivo e negativo. Ma l’arte del mediare è cosa opposta a quella del mettere all’indice del pubblico ludibrio ora l’uno ora l’altro.

“Ma le cose che dice sono giuste!”. Si, molto spesso si, ma sono sempre colpevolmente parziali e costruite col mestiere dell’arte comica. L’auto ad idrogeno non è l’auto ad acqua con la quale ci si possono fare i suffumigi o gli aerosol di Vicks, perché l’idrogeno, contrariamente all’acqua, non esiste libero in natura e disgraziatamente per separarlo dall’ossigeno si deve impiegare troppa energia. Ma ovviamente un comico in un teatro non ha l’onere della prova dei numeri e dei conti economici, basta che si sdrai sotto il tubo di scappamento a respirare vapore.

L’essere cacciato dalla RAI, che per altri come i due Luttazzi  (Lelio negli anni ’60 e l’altro recentemente) è stata l’inizio della fine, per lui invece è diventato un passaporto di onestà. Un marchio di probità: La voce della verità censurata dal potere dominante. Prima nei teatri, poi dalla Svizzera e da Montecarlo, di nuovo nei teatri e finalmente nella democratica ed inaffidabile (perchè incontrollabile) rete telematica. Sfruttando i lavori giornalistici di Report, di Stella (La Casta) e di Travaglio, ha costruito il suo rientro in TV dalla piazza facendo uno spettacolo promozionale di se stesso e non un comizio politico come molti hanno creduto, precipitandosi a votare nel V-day per non ricordo più quale proposta. Grillo lavora per Grillo, lo fa benino anche se ormai con troppe evidenti ripetizioni di clichè e frasi fatte, ma come sapete non ha mai accettato un contraddittorio, esattamente come Berlusconi. Strana coincidenza, non vi pare? Il secondo è stato portatore in Italia della spettacolarizzazione della politica, il primo invece della politicizzazione dello spettacolo.

Entrambi mestatori abominevoli che continuano impuniti a nutrirsi della buona fede di tante anime belle, che credono ai cavalieri azzurri e ai menestrelli urlanti. Restano loro, principalmente, i responsabili del blocco totale di un ripensamento razionale del fare politica in questo paese.

 

2008-04-24                  


 

[1] Sono convinto, ma non ne ho le prove o alcuna conferma, che la cifra comica caratteristica di Grillo provenga da una sua intuizione avuta guardando un film americano del 1976 “Network” in Italia “Quinto potere” di Sidney Lumet con Peter Finch, William Holden, Faye Dunaway e Robert Duvall. Il primo impersonava un tele-giornalista in calo di popolarità che si inventa un personaggio “schizzato” che annuncia il proprio suicidio in diretta e che riesce a dare a milioni di telespettatori l’illusione di contare qualcosa semplicemente dicendogli di affacciarsi alla finestra ed urlare “Sono incazzato nero e tutto questo non lo sopporterò più!” Questo perché se si è soli ad abbaiare alla luna si viene considerati pazzi, ma in grande compagnia, in una piazza reale o virtuale, allora si è parte di qualcosa di bello e giusto.