I limiti della novità
Perché parlare della novità. Esiste una novità tale da corrispondere statisticamente all’astrazione linguistica del termine “novità” come generalmente intesa e condivisa?
Credo che le novità siano sempre esistite e costituiscano forse la principale caratteristica del fare umano. Quindi ritengo la novità un valore intrinseco ed universale nel giudizio dell’agire umano, un fattore così determinante da non poter essere semplicisticamente buttato nel cestino con il luogo comune del “tutto è già stato fatto e detto”, luogo comune guarda caso antico, di certo anteriore a tutte le novità che sono apparse e che continuano ad apparire in ogni campo dell’attività umana.
Credo si possa anche essere d’accordo sul non assegnare alla novità un valore assoluto, cioè addirittura discriminante rispetto ad altri paradigmi. Una cosa per essere buona può non essere necessariamente nuova. Di più; è più facile trovare del buono nel vecchio, già sperimentato e noto nelle sue interazioni col mondo, che in un ignoto nuovo.
Resta il fatto che il genere umano, per continuare a sognare una sua esistenza futura, ha estremo bisogno di inventare ancora e sempre la novità. E questo anche a prescindere, se mai lo fosse o lo diventasse, dal sistema capitalistico del mercato globale. Voglio dire che in un ipotetico, e a me caro, scenario da Medioevo prossimo venturo (Fruttero & Lucentini) o di una società agricola autosufficiente ed isolata, non si potrebbe prescindere dalla ricerca di nuove strategie economiche, sociali e tecniche, pena il lento e inesorabile re-incamminarsi verso il sistema che ne ha provocato la disastrosa involuzione o l’utopica realizzazione.
La ricerca del nuovo ha almeno due generi di limiti che si impongono empiricamente:
L’insieme enorme del non nuovo che chiameremo semplicemente vecchio
La capacità funzionale, esistenziale, positiva di ciò che è realmente nuovo
E’ necessario provare a stabilire non una definizione univoca della novità, impresa forse impossibile, ma almeno dichiarare cosa io intendo per nuovo.
E’ per me completamente nuovo ciò che si ritiene, con sufficiente senso critico e conoscenza, non essere stato in precedenza creato, inventato, messo in atto.
E’ parzialmente nuovo ciò che presenta, nelle sue costituenti, elementi di novità, valutabili con i criteri precedenti, tali che l’oggetto nel suo insieme risulti essere percepito come nuovo. Presenti rispetto al vecchio più prossimo un bilancio positivo.
Non può ritenersi nuovo, neanche parzialmente, ciò che, magari a dispetto di una rigorosa analisi che evidenzia quantità rilevanti di novità negli elementi costitutivi, risulti essere immediatamente e percettivamente già noto, anche se non sufficientemente riconoscibile. E’ per esempio il caso di molti jingle pubblicitari, che per motivi di cui scriveremo, si rifanno palesemente a modelli musicali precisi e notevolmente famosi, modificando anche molto la quasi totalità dei costituenti melodici, armonici, timbrici e ritmici, ma conservando parzialmente l’insieme di archetipi di riferimento che celebrarono in passato il successo del modello originale. In questi casi il giudizio di novità non è applicabile in quanto il risultato di quest’operazione, nata per evitare problemi di copyright, è sempre notevolissimamente inferiore al modello, quindi una novità che fallisce il proprio compito costitutivo che è quello di accrescimento/miglioramento di uno stato. Un qualsiasi prodotto pubblicizzato con un jingle semi-copiato non si avvarrà della potenza emozionale dell’originale insuperabile da qualsiasi copia perché notoriamente perfetto e non perfezionabile (La Primavera del Botticelli non può essere realizzata meglio perché deve la propria magicità anche all’irrealismo di certi e ben noti contorcimenti ed allungamentidi arti). Stupirà saperlo ma in passato sono stati fatti anche questi tentativi di citazione, con fotografie di modelli esattamente vestiti ed illuminati come nel quadro, senza minimamente potersi avvicinare alle sensazioni provocate dall’originale.
Sempre restando in ambito pubblicitario ne approfitto per enunciare un altro determinante elemento legato ad ogni novità: il rischio.
Alcune pubblicità raggiungono il loro obiettivo principale che è quello di sedimentarsi nella memoria grazie a jingle parzialmente nuovi o che comunque utilizzano oggetti musicali recenti e poco noti al grande pubblico. In questi casi la produzione si accolla il rischio della novità scommettendo su un indovinato e per nulla scontato accostamento tra un oggetto musicale parzialmente nuovo ed il prodotto da promuovere-inoculare. Come vedremo in seguito l’operazione è realmente rischiosa in quanto nessuno [eccetto un preventivo sondaggio di marketing] è in grado di assicurare che il pubblico gradisca la novità. Molto più spesso ci si affida al modestissimo ma sicuro impatto del vecchio ricotto confidando in un altro determinante elemento del fenomeno novità e cioè la dimenticanza.
Io infatti penso che persino la riproposizione a distanza di sufficiente tempo dal periodo di massima diffusione della novità (assoluta o parziale) del vecchio, possa risultare in qualche modo assimilabile al concetto di novità. Intendo dire che tutti i revival in fondo non si basano solo sul ripercorrere un solco di piacere già sperimentato ma si basano anche sulla novità dell’attuale situazione personale e comune. E’ cioè la nuova contingenza a illuminare con una nuova luce il vecchio e a renderlo meno vecchio e addirittura attuale (quindi in qualche modo nuovo perché l’oggi non è mai uguale a ieri).
Ma torniamo all’oggetto dello scritto, la ricerca dei limiti della novità. Il primo genere di limite, il discostarsi dal vecchio, è tutt’altro che ovvio e scontato in quanto raramente si assiste ad un evento assolutamente nuovo, come per esempio la prima clonazione. Sebbene una riproduzione volontaria di esseri viventi, in primis vegetali, è conquista preistorica, resta un’assoluta e sconvolgente novità la possibilità di replica 1:1 di un organismo. L’allunaggio di Armstrong &Collins non hanno alcun precedente di riferimento. Sebbene queste novità ormai storiche credo siano generalmente condivisibili come tali, non vi stupirà o non deve stupirvi sapere che sono state e sono a tutt’oggi messe in dubbio. Questo perché un altro difetto implicito di ogni novità è l’impossibilità di raffronto con un evento precedente in quanto non esistente. E’ facile citare il modello di una copia ma come si fa ad escludere che un altro sedicente originale non abbia o non abbia avuto in passato un proprio antecedente? Quanti Colombo hanno scoperto l’America? Quanti telefoni o lampadine hanno squillato ed illuminato in ignote stanze del nostro pianeta prima che Bell ed Edison portassero il loro prototipo all’ufficio brevetti? Se non lo sappiamo non significa necessariamente che non sia successo. Ne consegue che un ulteriore indispensabile elemento caratterizzante la novità è la sua pubblicazione. Se questo scritto resterà per sempre come probabile (al 99,9 periodico %) ignoto ai più, non solo sarà lecito dubitare della sua esistenza, ma certamente della sua anche parzialissima novità.
Eppure se ho sentito il piacere di scriverlo è perché come al solito mi sono divertito a riflettere liberamente sulle valenze della novità. Senza aver in mente alcunchè di letto o pensato, ho voluto svolgere di fronte a me il filo di considerazioni latenti nella mia mente, creando nella mia mente e in questo scritto una nuova configurazione di conoscenze che almeno per me sono risultate effettivamente nuove e mi condurranno ad una più attenta valutazione del percorso artistico che sto effettuando, e che ha nel tasso di novità economicamente praticabile (cioè non fallimentare) un importante nodo da affrontare e difficili decisioni da prendere.
(27-09-2007)