IO E GLI ALTRI SOLI

 

Quando si pensa alla propria solitudine è difficile trovare conforto nelle situazioni altrui, si vedono solo quelle che non soffrono di solitudine ma anzi si lamentano di non averla più.

Però sforzandomi di immaginare le solitudini altrui l’unica immagine che riesco a farmene è quella del tipo campo di concentramento: siamo tutti in fila, con età dai 20 agli ottant’anni, ognuno con uno sguardo disperato, cattivo e piegato da un lato. Siamo tutti nudi con i nostri difetti che ci hanno fatto disperare e che ci hanno condotto qui al cospetto dei perfetti.

Inizio a mettere a fuoco i compagni di sventura, che so essere soli ma non riesco a guardarli in viso. Nessuno ha il coraggio di voltarsi ancora un’ennesima volta intorno alla disperata ricerca di uno sguardo amico, dell’altro o del proprio sesso, della propria o diversa età. Nessuno si volta. Ne abbiamo viste tante di facce, tante ne abbiamo interrogato a voce o con lo sguardo che non ne abbiamo più la forza, e soprattutto in quest’ultima occasione siamo certi che tra di noi ci sono solo persone sole, che si sono trovate ad esserlo o hanno fatto di tutto per esserlo. L’espressione è unica, lo sguardo perso nel vuoto davanti e dentro di noi. Aspettiamo in silenzio che abbia termine questo essere messi alla gogna dai perfetti, perfettamente vestiti, che vanno sempre a coppie, che non smettono mai di parlarsi e di ridere e gioire, schernendo noi, i solitari incalliti e irriducibili o sfortunatissimi.

 

Anche senza cercarli con lo sguardo so perfettamente chi c’è di conosciuto tra di noi, ma neanche la curiosità di vedere le donne sole che ho conosciuto e che tali sono rimaste, mi porta a voltare la testa. Sarebbe terribile incontrare il loro sguardo carico di reciproca rabbia e allo stesso tempo reciproco disprezzo.

 

Sono diverse ore che restiamo immobili così, sotto il sole perfetto di mezzogiorno, senza una nuvola ne un’ombra. I perfetti che ci tengono sotto il fuoco dei loro scherni, continuano a parlare e mangiare gelati, ridendo sotto ombrellini bianchi. Il pensiero va a tutto quello che abbiamo fatto, alle cose che abbiamo detto o addirittura scritto in qualche caso … in qualche caso? E perché per gli altri dovrebbe essere stato diverso da me, non sanno forse scrivere? Il sospetto diventa subito una logica certezza ed in un lampo, vedendo con un rapido sguardo le migliaia di solitudini che mi circondano, nude ed immobili mi viene da pensare alle cose che ho scritto e che nessuno leggerà mai. Le moltiplico per la moltitudine di cui faccio parte e mi accorgo che al mondo esiste una sterminata prosa e poesia di solitari che scrivono per se stessi ma coltivando il segreto sogno che qualcun altro li legga, prima o poi. Che pia illusione! Basta chiedersi quante cose ognuno di noi ha letto degli altri per rendersi conto che la probabilità è prossima allo zero. Nessuno legge più di nessuno, preferiscono parlarsi o scrivere mail perché queste parlano direttamente a noi e di noi, mentre quando si scrive della propria solitudine non interessa nessuno perché nessuno si sente coinvolto di persona. E così innumerevoli sforzi creativi si perdono inutilmente tra gli scarti delle comunicazioni. Queste privilegiano le creazioni economicamente remunerative, quelle che producono ricchezza, quelle che in fondo tutti possono leggere perché talmente ovvie, banali e condivisibili da chiunque che sono quelle che si vendono meglio. Chi rischierebbe un penny su questo scritto, sapendo che nessuno si soffermerebbe un solo secondo a leggerlo. Solo l’autore, riempiendosi la casa delle copie stampate che nessuno vuole. Neanche regalate.

 

Poi d’improvviso, quando sopraggiunge la notte un pensiero inizia a circolare nelle solitarie menti. Ognuno per conto suo, senza parole addiviene allo stesso pensiero: siamo milioni, siamo condannati a morire di solitudine aspettandola per anni e continuando a subire lo scherno e la compassione dei perfetti. Che cosa abbiamo da perdere, per una sola volta, a metterci insieme con un unico terribile obiettivo. Stermineremo i perfetti.

 

Li assaliremo tutti insieme come l’esplosione di una  bomba, senza neanche sapere cosa e come farla ci lanceremo contro di loro come un sol uomo e con un sol grido: morte alla perfezione e che sia strage di bellezza e di purezza.

 

Per la prima volta, tutti si guardano intorno. Un solo unico sguardo terribile di odio felice, sorridente ed agghiacciante. L’urlo cresce rapidamente e copre qualsiasi altro suono, un rombo sovrumano terrorizza chiunque, noi compresi. Ed è un attimo che straziati dal dolore causato dalla nostra troppo lunga immobilità distruggiamo le perfette linee nelle quali siamo disposti.

 

E’ durato pochissimo, sono tutti morti i perfetti, ma non ci basta, continuiamo a sbranare e violentare i loro corpi, siamo diventati una specie di cannibali ricoperti di sangue con gli occhi che brillano gioia orrenda.

 

La paura provata mi sveglia da quest’incubo: mi guardo intorno cercando corpi straziati ed i loro carnefici ma non ce n’è traccia. Solo un terribile sogno.

 Sono solo, non c’è nessuno.

 

Poi riflettendoci penso che tutto sommato non sono così solo, volendo posso scrivere e telefonare a qualcuno.

 

Per vostra fortuna, noi solitari, non ci sentiamo così soli!

 

 

Vincenzo Grossi

2008-07-30