La ricetta Google per maniaci depressivi.
Il celebre motore di ricerca basa il proprio ranking sulla quantità di link diretti ad un sito. Maggiore è tale numero, maggiore è la possibilità che le parole ed i nomi in esso contenuti siano in cima (appaiano per primi) quando ne si fa una ricerca. Le isole di innumerevoli siti personali in questo modo sono pressochè tagliate fuori, sprofondando, nei migliori dei casi, nelle ultime pagine di ricerca.
Se applichiamo questa teoria informativa alle dinamiche sociali, possiamo dedurne che si esiste solo se si hanno molti amici che pronunciano il nostro nome nel mondo, se si è presenti in molte rubriche telefoniche, se si è all’interno di vaste comunità e meglio se ne si è tra i fondatori, i sostenitori o ovviamente i leader.
Niente di nuovo per carità, è il solito discorso della pubblicità, … “anche male purchè se ne parli!”.
Ma se ad impadronirsi scientificamente di questa tecnica, e a farla lievitare in tutti i possibili media è una persona malata mentalmente, il nostro amico parassita per esempio, quello che ci manda un sms di notte per dirci “non mi merito tutta questa solitudine”, o addirittura ci prova a telefonare per comunicarcelo, allora sono guai.
Immaginate una persona che si senta ai margini del mondo, e che in realtà ai margini ci si è messa con le proprie mani medianti ingiustificabili comportamenti asociali, che inizi una campagna acquisti nuove amicizie, facendo leva proprio sulla sua stessa esigenza di visibilità che ci accomuna un po’ tutti, promettendo a sconosciuti o vecchi amici e parenti di ultimo grado, quelli per intenderci che non hanno seguito l’involuzione morale del soggetto, e che conservano di questa persona l’immagine della prima comunione. Immaginate che un bel giorno questo vecchio amico / lontano parente vi incontri o vi telefoni o vi rintracci su internet millantando conoscenze a voi utili e promettendovi di introdurvi negli ambienti giusti … la cosa vi sembrerà non solo plausibile ma estremamente allettante. In cambio non vuole nulla, sembra disposto a spalancarvi le porte dell’universo mondo e a consegnarvi la fama e il successo che vi meritate. Per far questo vi invita ad un congresso o seminario o semplice riunione di importanti persone, un suo salotto di gente che conta. Per andarci vi mettete in treno o addirittura in aereo. Al vostro arrivo siete accolti da giovani ragazzi/e magari con uniforme da hostess. Vi ha detto che sarà un incontro pieno di gente importante e che probabilmente verrà anche un a voi notissimo nome. Farete di tutto per esserci, anche se questa persona non la conoscete bene o addirittura non la conoscete affatto. Vi ritroverete in una sorridente assemblea di facce ignote con il vestito della festa. Purtroppo l’ospite d’onore all’ultimo momento è stato invitato a cena dal Presidente (ubi maior …!) ma manda i suoi saluti calorosi. Nel frattempo avrete la possibilità di conoscere personaggi di spicco della cultura, pittori e letterati che hanno visto pubblicate in un trafiletto di qualche decennio fa il proprio nome, insieme ad un altro centinaio. Però la nostra pigmalione ce li presenta come certezze del futuro non ancora celeberrime solo perché il nostro paese disprezza la cultura, fa apparire solo quelli raccomandati dai politici e via dicendo. Subito ci immedesimiamo in questo ingiusto destino che ci accomuna e dentro di noi “sentiamo” che l’ignoto poeta che ci sorride con la sua dentiera e che si passa la mano negli improbabili capelli folti e neri meriterebbe il nobel per la letteratura.
In questa sagra delle vanità tutti si scambiano i loro recapiti, ormai chilometrici ed omnicomprensivi, come se si avesse il terrore che una guerra termonucleare possa spazzare via le comunicazioni telefoniche e lasciare vivi ed attivi solo i piccioni viaggiatori e la posta pneumatica. Di solito, ma non sempre, in forma ridotta, qualcuno aggiunge anche il proprio mirabolante curriculum, anch’esso misteriosamente lacunoso dell’ultima decina d’anni. In realtà gli ambasciatori in pensione e gli ammiragli presentatici spesso sono solo reduci da indecorosi licenziamenti e deferimenti, difficilmente scopribili in tempo reale e psicologicamente scartati dalla loro numerosa presenza. Ognuno incosapevolmente, guidati dal pigmalione maniaco, si fa automaticamente garante della veridicità dei ruoli e della notorietà ed importanza degli altri. Il tutto, specie se innaffiato da qualche alcolico, sortisce l’effetto desiderato: siamo persone importanti insieme a gente che conta. Difficilissimo ammettere in una situazione simile che siamo più o meno mezzi falliti o comunque solo onesti lavoratori in un congresso di falliti interi e disonesti millantatori.
Spesso queste convention sono organizzate da veri e propri truffatori, che promettendo lauti guadagni riescono ad attrarre come specchi per le allodole qualche personaggio televisivo in cattive acque al fine di promuovere e garantire la bontà dell’operazione.
Ma potrebbe accadere che simili reti di autoreferenti siano organizzate anche solo allo scopo di sentirsi importanti. Poter telefonare e ricevere continuamente telefonate in mezzo alla gente. A turno ognuno dei “saranno famosi?” organizza la propria convention secondo le proprie disponibilità, o peggio al di sopra di esse, indebitandosi pur di far bella figura con simili personagg di chiara fama. Da tutte le parti scorrono fiumi di promesse di incontri con personaggi e la tristezza di tutto ciò è che ognuno crede veramente a quello che dice. Uno potrebbe promettervi di farvi fare un film con Salvatores, che lui dice di conoscere bene. In realtà lo ha incontrato in treno un giorno e preso dalla sua mania è riuscito a trattenerlo con le proprie farneticazioni per qualche minuto fino a quando Salvatores con una calorosa stretta di mano è un grande ecumenico sorriso e continuando ad assentire a qualsiasi parola detta e non sentita dall’importuno, è finalmente riuscito a cambiare carrozza e vagone e a non ascoltare neanche una parola del cialtrone. Poi se lo vede passare dietro il vetro che a gesti e con grandi sorrisi gli rammenta chissà quale impegno. Il nostro importuno scende dal treno realmente convinto che il grande regista da oscar si sia impegnato ad andarlo a trovare o cos’altro, e una volta fuori inizia la diffusione della lieta novella “Salvatores è amico mio!”
E così si sparge la voce: “Conosco un attore che è amico intimo di Salvatores, lui ti può far lavorare nel prossimo film suo! Tu hai talento, una grande presenza e un volto carico di fascino, se vuoi te lo presento!” Ebbene, anche se chi dice questo voi lo vedete per la prima volta e fino a prima che ve lo presentassero, se lo aveste incontrato per strada e vi avesse solo chiesto l’ora sareste scappati, in quel contesto assume un impressionante importanza ai vostri occhi, e tutto quello che dice più è improbabile e più vi intimorisce invece di insospettirvi. Per quanto sembri paradossale si dubita più facilmente di quanto dice il vostro amico d’infanzia di quello che vi dice uno sconosciuto. Perché dell’amico abbiamo avuto in passato occasioni di sospettarne la falsità, dello sconosciuto no. In più lo sconosciuto dice queste panzane in modo così credibile, proprio perché ci crede profondamente lui stesso, e la sua non è una bugia ma solo una visione distorta della realtà. Quindi è convinto e non sa di mentire: inattaccabile dall’istinto che valuta la credibilità.
Dietro a questi personaggi come su accennato ci sono sempre tragedie familiari o professionali, che hanno provocato il salto nel desiderio di “essere qualcuno” a tutti i costi. A tutti capita di incontrarli, li si riconosce dallo sugardo che vi trapassa, perché non riesce a mettervi a fuoco, per loro voi non esistete, spesso vi confondono con altri, anche i nomi, e i numeri di cellulari, voi siete solo gli occhi che li guardano e le orecchie che li ascoltano. Il mondo ne è pieno, di solito spariscono solo col suicidio, quando in un improvviso momento di lucidità si avvedono della loro reale condizione e non ne sopportano il confronto con il mondo da essi inventato e da altri simili sostenuto.
Tutti ne siamo stati vittime, chi per alcuni minuti, chi per vite intere. Se non sono truffatori incalliti e non vi chiedono soldi, sono per lo più innocui scocciatori, che vi lasceranno in pace solo quando non risponderete più ai loro seducenti inviti e alle loro lusinghe.
Accettate il vostro stato così com’è, confidate nel vostro lavoro e solo in esso, gli altri molto raramente possono essere delle occasioni di successo. Il frequentarne assiduamente i salotti potrà al più garantirvi qualche comparsata. Imparate invece da chi è riuscito ad emergere con le proprie forze e con il valore del proprio lavoro: e fate da soli come lui. Chi è ancora famoso dopo tanti anni di attività e non scomparso dopo pochi mesi, lo deve alla continuità e serietà del proprio lavoro, della propria ricerca e non alle giuste freuentazioni. Certo se avete in mente personaggi tipo veline o attorucoli alla brad pitt non serve studiare, basta abbassare la gonna o il pantalone e un po’ di mercanteggiamento oculato.
Se non è la fama che agognate, ma il denaro allora rubatelo in banca, è il modo più onesto per farlo. In tutti gli altri modi c’è sempre qualcuno che ci rimette.
Anche piccoli riconoscimenti locali saranno tutti vostri e non sarete neanche tentati di vantarvene, ma conservateli dentro di voi, per la vostra autostima, nei bui momenti della depressione.
Poi se siete veramente bravi in quello che fate e non vivete in un eremo molti si accorgeranno di voi e non un solo improbabilissimo talent-scout.
(08-01-2008)