NEMESI

la donna, l'uomo, i cani, le vacche, i preti, le gnocche, i gay, Cleopatra, Paolina, lo sport, il lavoro .......

La divisione sessuale creatasi nella preistoria dalla maggiore forza fisica dell'uomo e dall' “ingombro” esistenziale (procreazione, legame carnale e temporale con i figli) della donna, viene nel tempo a consolidarsi culturalmente con la correlata divisione delle mansioni dopo l'invenzione dell'agricoltura e dell'allevamento. Il matriarcato, qualora sia esistito, non si è imposto come modello vincente dell'esercizio del potere.

Le pratiche maschili necessarie allo sviluppo della società, dalla quale si ricava un maggior benessere comune di quanto un singolo possa ottenere separatamente, rendono necessaria una trasmissione culturale che separa ulteriormente i due generi. La lotta per il dominio e la spartizione dei poteri è preclusa alle donne semplicemente perchè ad esse non è necessario saper far di conto o scrivere per le loro mansioni.

La frustrazione derivante dalla consapevolezza crescente dell'iniquità della propria condizione, ma la perdurante preclusione del potere reale, determina nelle donne di stato sociale più elevato uno sviluppo di un'intelligenza deviata, costretta cioè a cercare di imporre il proprio volere non con la forza e il diritto in maniera diretta, ma con l'astuzia e la persuasione indiretta. I casi isolati di monarchi femminili non fanno testo.

Il cristianesimo prende a modello la condizione femminile di sudditanza ed obbedienza per estenderla all'intero genere umano rovesciandone la evidente negatività in prezzo da pagare per la felicità ultraterrena. La figura centrale della Madonna diviene il simbolo per eccellenza da adorare e venerare, come colei che sopporta il dolore più grande per la redenzione dell'umanità. L'altro simbolo di sofferenza, la croce, riempie i residui spazi dell'immaginario cristiano.

Con l'Umanesimo e la definitiva separazione tra potere temporale e spirituale, il processo di sotterranea emancipazione femminile si evolve venendo sempre più alla luce nei regni europei, dove anche la discendenza femminile trova finalmente una possibilità di emersione, seppure relegata alla sola famiglia reale.

E' con la nascita della borghesia che la donna trova un più ampio e diffuso accesso alla cultura, strumento fondamentale di ogni accesso al potere,

La rivoluzione industriale ed il conseguente liberarsi di tempo per il ceto medio favorisce anche l'ormai improcastinabile rivendicazione della parità di diritti del genere femminile. Ma ormai le strutture ideologiche, formali, di divisione del lavoro e del potere hanno una storia di millenni forgiata secondo l'ottica maschile tipicamente predatoria e sopraffattrice: l'unico modo di accesso al potere, inteso anche come dirigenza, è quello maschile al quale la donna deve adeguarsi.

Le due guerre mondiali facilitano l'accesso alle mansioni tipicamente maschili per supplire alla mancanza di mandopera impegnata sui fronti. E' in questo periodo che la donna ha virtualmente il suo maggior equilibrio: oltre alle mansioni domestiche, in primis la cura dei numerosi figli, ha accesso a tutto il mondo in precedenza di esclusiva pertinenza maschile, dallo sport alla politica, dalla fabbrica alla gestione economica passando per l'insegnamento.

Nel secondo dopoguerra, al rientro degli uomini, la donna si trova costretta a scegliere tra la tradizionale strategia di basso profilo (subornare il proprio uomo) e quella di accogliere in se il modello maschile, per fare la qualcosa si rende necessario rimandare il più possibile la propria maternità. L'uso di anticoncezionali e l'estremo e continuo sforzo derivante dall'esigenza di dover fare due volte meglio di un uomo per essere apprezzata e la mancanza di un welfare che riconosca nella maternità una funzione fondamentale di ogni società, crea generazioni di “donne in carriera” che eccellono per abilità intellettive superiori alla media o per abilità “tradizionali” non esclusa la prostituzione.

Liberatesi anche della cura dei figli, curati dal mercato degli asili e dai sempre più longevi genitori, queste arrivano alla consapevolezza della propria autosufficienza: è sufficiente uno stipendio, non desiderare particolarmente dei figli, per fare completamente a meno della presenza maschile. All'occorrenza un uomo pronto a soddisfare i propri desideri sessuali lo si trova sempre e dovunque.

La NEMESI è completa, la donna può finalmente decidere del proprio destino, ricattare presidenti di consiglio multimilionari, progettare la propria esistenza contando sulla atavica dipendenza maschile dal sesso femminile.

Ma ad ogni vendetta segue una vendetta uguale e contraria.

L'uomo abbandonato e rimbalzato dalla donna emancipata, non trova più in essa un oggetto di desiderio ma solo una fonte di guai, di angherie e stress psicologici, una competizione continua senza più quartiere privilegiato (l'ultimo forse è, o meglio era, la barberia) ma soprattutto non trova più ciò di cui ha bisogno: la tenerezza e l'affetto “canino” della donna di un tempo. Questa nuova condizione maschile favorisce il diffondersi di un fenomeno naturale quale l'omosessualità (preferenza sessuale specularmente incrementantasi anche nelle donne) al quale la tecnica ed il mercato del sesso affianca l'ultimo ritrovato: l'uomo-donna, quell'essere costruito che ha la sensibilità di un uomo effemminato (la sensibilità è ormai diventata patrimonio maschile) e gli organi assemblati o equivalenti di entrambi i sessi.

Gli eterosessuali di entrambi i sessi sono condannati a pagare in qualche modo la loro ortodossia: in contanti, con compromissori matrimoni di breve durata o cercando i residui masochisti disposti a farsi maltrattare pur di sentirsi amati.

Gli asceti e le eremite hanno un'altra alternativa, quella di regredire nell'adolescenziale pratica dell'autoerotismo.


 

Inutile pensare a cosa sarebbe potuto essere, come per esempio ad una più tempestiva coscienza da parte maschile del fenomeno in atto, ed una conseguente elaborazione comportamentale o all'ingiusto chiedere alla donna di farsi ancora lei carico da sola delle sorti dell'umanità, operando rinunce in cambio di nulla.

Le risposte a questo fenomeno nihilista non sono da trovare nel barricare la famiglia come vorrebbe la destra ed i cattolici; la vita, infatti, travolge ogni muraglia, sconvolge ogni ideologia ed ogni credenza. Nè tantomeno confidare nell'onnipotenza della scienza che potrebbe sostituire già oggi la procreazione con la clonazione.

A mio avviso è invece necessario rimuovere gli ultimi argini che tentano di irregimentare l'esistenza, di legiferare sul corpo umano e sulla vita stessa, di sancire la bontà o la giustizia dell'agire umano, di sfruttare economicamente ogni pulsione ed ogni istanza della nostra sessualità per accrescere il PIL. Rimuovere gli argini affinchè il tempestoso fiume della vita e della morte riprenda a scorrere con tutta la sua forza, donando una volta ancora a questa umanità esausta la possibilità di dare senso all'esistenza di ogni singolo individuo. Non affinchè riscopra valori morti e sepolti, ma affinchè ne scopra ancora e sempre di nuovi e diversi.